Uno sguardo ai luoghi > Collezioni Comunali d'Arte > scheda descrittiva della sala Urbana (17)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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fotografie di Alberto Martini - Angela Degli Esposti

SALA 17

Sala Urbana


La sala 17 delle Collezioni Comunali d'Arte è comunemente nota come Sala Urbana fin dal tempo della sua creazione, quando il cardinal legato Bernardino Spada la fece costruire all'interno dell'appartamento ufficiale del legato nel 1630, dedicandola al papa allora regnante, Urbano VIII
Barberini (1622-1644), da cui le deriva il nome. La sala, a pianta rettangolare, è alta 12 metri e si innalza al di sopra del tetto del palazzo, ben visibile dall'esterno, a catturare la luce con le sue ampie finestre. Era l'unica soluzione di illuminazione possibile per un ambiente posto tra altre stanze, senza un affaccio diretto sull'esterno. La sala comunica con gli ambienti circostanti attraverso 4 delle 6 porte esistenti, di cui 2 sono murate. Su tutte le architravi in latino, a caratteri capitali, è ricordato il committente della struttura, il cardinal legato Bernardino Spada. La decorazione delle pareti si compone di un alto zoccolo monocromo che imita un fregio, scolpito con cappelli cardinalizi, api (simbolo della famiglia Barberini), croci astili ed armi intrecciati tra loro. Sulle quattro pareti, dalla base del fregio alla cornice delle finestre, sono collocati 188 stemmi dipinti appartenenti a cardinali legati, governatori ed altri amministratori cittadini del governo pontificio dal 1327 fino al 1744. Sopra ogni stemma è collocato il simbolo della dignità ricoperta: cardinale (cappello cardinalizio rosso), cardinale precedentemente vescovo (sormontato da una croce), vescovo (cappello verde), prelato (cappello nero con fiocchi rossi), governatore (tocco nero), capitano (elmo), nobile (corona). Nel cartiglio sotto ogni insegna sono scritti il nome e la durata del governo, a volte reiterato, come è indicato dal ripetersi dell'insegna. Sulle due pareti maggiori si fronteggiano due monumenti dipinti. Sulla parete nord una lapide ricorda in latino la riapertura della sala a seguito dei restauri che la resero nuovamente luogo di memoria pontificia (nel 1852), dopo l'abbandono e il degrado iniziati con il periodo napoleonico. Di questo intervento, favorito da papa Pio IX, si occupò il pro-legato, cardinale Gaetano Bedini. L'incorniciatura, dipinta a finto marmo dal pittore bolognese Napoleone Angiolini, presenta ai lati dell'iscrizione due allegorie, la Storia (a sinistra) e l' Amministrazione (a
destra), sotto forma di statuette in bronzo dorato. La parete sud è occupata da un monumento dipinto che celebra Urbano VIII, anch'esso opera di Napoleone Angiolini. Ai lati dell'iscrizione sono collocate le figure stanti della Poesia religiosa (a sinistra) e della Fama (a destra) che si riferiscono all'attività brillante di poeta a cui si dedicò il pontefice in gioventù. Il vertice del monumento è occupato da una nicchia ovale che contiene il busto di Urbano VIII, in gesso dipinto a finto bronzo. Qui, in origine, si apriva una porta che metteva in comunicazione visiva, attraverso la Sala Urbana, l'asse che collega la Cappella Farnese con l'Appartamento dei Principi (attuali sale dalla 5 alla 10).

Sulle pareti corte si fronteggiano, entro quadri riportati, due opere urbanistiche e architettoniche realizzate nel territorio bolognese durante il pontificato di Urbano VIII: la via Urbana, posta tra via Saragozza e via S. Mamolo (oggi via d'Azeglio), ampliata e dedicata al pontefice (1629) e il Forte Urbano, presso Castelfranco Emilia, imponente fortezza a stella, costruita al confine tra la legazione di Bologna e il ducato di Modena (1630-1634). Tra le finestre, il registro più alto della decorazione comprende gli stemmi dei papi che ricopersero la carica di legato di Bologna. Partendo dalla porta di ingresso, sulla parete nord, da sinistra a destra, sono visibili gli stemmi di Giovanni XXIII, Eugenio IV, Giulio II, Leone X, Clemente VII, Pio IV, Giulio III, Urbano VII, Paolo V, Urbano VIII. Il soffitto piano è occupato da un riuscitissimo esempio di quadratura, la tipologia decorativa perfezionata a Bologna in età barocca. Con l'applicazione della prospettiva brunelleschiana ad architetture dipinte, si creavano effetti di scorcio delle strutture fingendo balconate, aperture e finte volte che ampliavano la profondità dell'invaso. Al progetto generale, messo a punto da uno specialista in questo campo, collaborava un pittore di figura che inseriva immagini umane, mitologiche e floreali. In questo caso gli artisti che lavorarono alla decorazione del soffitto sono Girolamo Curti detto il Dentone e Agostino Mitelli per la quadratura, e per le figure il giovane Angelo Michele Colonna, qui alla sua prima prova pubblica. La pittura è una celebrazione del committente, il cardinal Bernardino Spada, i cui emblemi araldici, le spade e i gigli di Francia, si giglio di Francia. Dopo i ritocchi, eseguiti nel 1774 da Flaminio Minozzi, e la restituzione del 1852, un ulteriore restauro della sala venne compiuto negli anni Trenta del Novecento, in occasione della realizzazione dello spazio espositivo al secondo piano del palazzo comunale, che doveva occupare gli spazi liberati dal trasferimento della Prefettura. Durante i lavori, diretti dall'ingegner Guido Zucchini, le pitture vennero ritoccate e il piano del pavimento venne abbassato di diversi centimetri, modificando sensibilmente l'effetto della prospettiva dipinta. A questo periodo risale anche il prezioso pavimento in marmi antichi.


PANOPTICON DI BOLOGNA è un progetto di ALBERTO MARTINI.
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